Davide Pagliardini è il genio dell’abecedario contemporaneo, ed ecco da dove prende la sua voglia di fare.
Ok, secondo episodio di “Design Stories”, la rubrica dedicata ai nostri designer preferiti. Abbiamo incontrato Davide Pagliardini per due chiacchiere su lettering, fonti di ispirazione e percorsi di studio. Cosa ci fa impazzire del suo lavoro? L’origine e la radice del suo stile di vita. Skateboarding, musica underground e street-art, tutto al servizio dei big names per cui Davide ha lavorato. Il nostro consiglio? Prendete fiato e arrivate fino in fondo. Davide ci ha lasciato con una piccola sorpresa 😉
Ciao Davide, ci racconti qualcosa su di te?
Ciao! Beh, il nome lo hai detto: sono Davide Pagliardini, sono dell’89, e nella vita mi occupo di visual design. Sono tornato da poco a casa, San Marino, ma per diversi anni ho vissuto e lavorato a Milano.
Ci descrivi la tua giornata tipo?
Devo dire che non è male per nulla: mi sveglio e, o trovo il caffè che mia moglie mi ha lasciato in cucina con i biscotti, e i gatti che guardano i miei biscotti, oppure faccio colazione con Federica (mia moglie), se non esce prestissimo. Relax del mattino per un po’ per carburare, poi vado in studio verso le 9.30. La mattinata passa lavorando, a seconda dei casi può variare tra computer, disegnare, uscite per clienti o lavori esterni, e poi si mangia presto, visto che sia io che Davide (Farabegoli, il mio socio) abbiamo fame come i vecchietti, direi verso le 12.
Si mangia in studio, oppure si esce per pranzo, e il pomeriggio si ripete come la mattina…Se siamo stati bravi e non siamo pienissimi di lavori, andiamo a far e una partita a squash, oppure, se è andata male, si lavora fino a cena. Dipende molto dai casi: a volte si esce presto, verso le 18 tutti felici, oppure capita anche di far serata in studio, ma sempre e comunque felici. Le giornate sembrano passare uguali, ma in realtà, pensandoci bene, sono tutte molto differenti tra loro perché capita di fare cose anche molto diverse da un giorno all’altro.
Ci descrivi il tuo spazio di lavoro?
Da quando sono tornato a San Marino, da circa un anno, il mio studio è lo studio che ha fondato Davide, Uovo Lab. Si tratta di un capannone industriale molto grande e alto, rimesso a nuovo, a mo’ di studio: ha una prima parte con le nostre scrivanie e il mio tavolo tecnico e zona cucina, varie librerie, tavolo grande centrale, divano e la parte con il limbo per scattare, che occupa circa metà del capannone. Dietro al limbo abbiamo il bagno e un piccolo laboratorio/ripostiglio/archivio. È uno spazio molto bello, merito di Davide, e io mi ci trovo molto bene, mi stimola molto e mi permette di fare molte cose.
Parlando di ispirazione, dove prendi la tua e cosa influenza maggiormente il tuo lavoro?
Difficile rispondere sinteticamente: diciamo che le mie ispirazioni vengono, banalmente, da molti ambiti differenti. Ho diversi interessi, dal graphic design, che mi segue fin da ragazzino, allo skateboarding. Mi piace un certo tipo di musica, e questo mi ha portato ad interessarmi molto alla street art, che mi ha riportato al design e via dicendo…sono vari argomenti che per certe sfumature si collegano ed influenzano e, in un certo qual modo, fanno parte di una corrente. Mi appassiona molto il lettering e la tipografia, adoro l’animazione, e da qui la passione per il motion design, e si potrebbe continuare.
Come hai sviluppato lo stile ben definito che ti contraddistingue? Hai avuto periodi blu o rosa che ti va condividere?
Onestamente, non so se ho uno stile definito. Diciamo che questo argomento è un po’ una mia “preoccupazione”, nel senso che io provo a mettere del mio nelle varie cose che faccio, e spero che questo riesca a trasparire… Vorrei far vedere una mano comune nei miei lavori, ma non sono sicuro che sia così evidente, perché giudicare i miei lavori con distacco mi risulta difficile. Diciamo che nel corso del tempo ho sviluppato temi ricorrenti: uso molto le lettere, cerco di avere un certo tipo di cromie e ho seguo un metodo per progettare i vari tipi di lavori, sperando di lasciare un tocco personale.
Siamo tutti cresciuti con il digitale, ma guardando il tuo lavoro vediamo pareti, lavagne, persino stop-motion. Come descriveresti il tuo approccio alla nuova e vecchia scuola?
Io ho avuto la fortuna di studiare all’ISA di Urbino, un istituto superiore dove si facevano corsi di animazione tradizionale, legatoria, incisione, calcografica e via dicendo, quindi c’erano molte più discipline analogiche che digitali. E non ne avevo capito l’ importanza, anzi, le vedevo “vecchie”. Questo sentimento è addirittura cresciuto durante i primi anni di università, dove prevaleva decisamente il digitale.
Fortunatamente, iniziando a lavorare in uno studio con molte persone e grossi progetti, sempre a contatto solo con il computer, mi sono reso conto che non faceva per me. O meglio, che non esiste solo quello, e quindi ho cercato di riscoprire l'”artigianalità” del mio lavoro.
Credo che questo sia frutto tanto di un mio desiderio personale, quanto di una sorta di moda, nel senso buono del termine, che fa sì che molte professioni tornino ad un livello più manuale. Basta vedere l’esplosione di cuochi, laboratori di artigianato, costruttori di biciclette, o anche voi di Wood’d, per capirlo: molte persone sentono il bisogno di dedicare, quando i progetti lo permettono, più tempo di qualità al proprio lavoro o passione, e spesso questo coincide con l’ allontanarsi un attimo dal digitale. Per me la soluzione sta nel mezzo: cerco di mixare il più possibile il fare a mano con il fare in digitale, e per ora mi diverto molto, quindi va bene così.
Parlando di education, sei stato docente alla Nuova Accademia di Belle Arti a Milano, e costantemente organizzi workshop di lettering e molto altro. Che ruolo copre l’insegnamento nella tua vita professionale?
Non sono più docente NABA, quest’anno ho dovuto rifiutare l’incarico per questioni logistiche, ma mi è molto dispiaciuto, anche perché erano ormai 3 anni che tenevo corsi…Fortunatamente ho ricevuto diversi incarichi dall’università di San Marino e da altri istituti, e quindi continuo ad insegnare quando mi capita, perché mi piace molto. Inoltre in Uovo Lab organizziamo molti workshop, con docenti di altissimo livello. Credo che passare le proprie conoscenze sia un bel modo per stare in mezzo alle persone, cosa che trovo molto stimolante. Inoltre mi consente di ripassare continuamente ed imparare costantemente, dovendo appunto confrontarsi. Occupa quindi uno spazio abbastanza grande ed importante, anche se a volte mi mette di fronte ai miei limiti, mi fa dubitare di me e da una parte mi sconforta. Ma dall’altra mi spinge a continuare a studiare, quindi direi che è una risorsa, in fin dei conti.
Qualche consiglio per tutti i creativi là fuori?
Sembrerà banale, ma direi di divertirsi. Non ho così tanta esperienza per elargire consigli ma le persone che guardo con ammirazione che fanno questo lavoro si divertono molto, anche con il passare degli anni, e tengono altissimo il livello della passione personale. Quindi prendo esempio e dico: fate quello che vi piace, con il massimo dell’impegno possibile. E sorridete!
Last but not least, cosa hai preparato per Wood’d?
Ho preparato una versione digitalizzata di una tela che avevo realizzato per la mia prima personale a Livorno di un anno fa. Poi in realtà la tela era a sua volta una replica di un muro dipinto una paio di anni fa per un evento a Ravenna. Insomma questo artwork ha una storia, una evoluzione e si sposta tra vari supporto nel tempo, ma L’ importante è sempre il messaggio: rubare un sorriso a chi lo legge.
Dai un’occhio alla cover che Davide ha disegnato per Wood’d!