Abbiamo incontrato la Fille Bertha, dalla terra dei giganti a tutto il mondo.
La Fille Bertha, vedi il suo lavoro una volta ed è difficile scordartelo. Sia una stampa, un muro, una maglietta. Il carattere dei suoi personaggi è forte, e ce ne siamo innamorati qualche anno fa, dopo una serata insieme a Milano. Lei e le sue bambole illustrate vengono dalla Sardegna, più precisamente da Cagliari, ma hanno lasciato tracce in ogni città in cui sono capitate. Un enorme benvenuto a La Fille Bertha nelle Design Stories, la rubrica dedicata ai nostri artisti preferiti. Spoiler: una grande ? vi aspetta alla fine dell’intervista. Ciao!
Ciao Fille Bertha, qualche parola su di te per gli amici di Uncovered?
Mi chiamo Alessandra e mi sento piuttosto bene nei panni de “La Fille Bertha”, pseudonimo che ho iniziato a usare quando ho prodotto i primi lavori su muro, intorno al 2008. Questo nome è connesso alle mie tendenze più profonde, evoca l’essenza della mia ricerca. Diciamo che da quando ero bambina sono sempre stata sopraffatta da questo bisogno di disegnare e di scrivere con tutto ciò che mi capitasse sottomano: questo impulso non mi ha mai abbandonata, e con il tempo gli ho dato sempre più voce, l’ho coltivato. Iniziare a dipingere sui muri è stato un “momento” che ha rappresentato un passaggio molto importante, è un po’ come se avesse contribuito a rendere più “concreto” e viscerale ciò che nasceva su carta.
Quali credi siano gli elementi identificativi del tuo lavoro?
Le mie produzioni nascono piuttosto emotivamente e sono legate all’istinto: gli stati emotivi e le rappresentazioni umanoidi si fondono spesso con elementi spaziali e/o naturali, nella loro infinita ricerca di immenso. L’aspetto cromatico rappresenta altresì un’espressione fondamentale in quanto tendenza verso una continua ricerca di un equilibrio espressivo, o di una rottura.
Parlando di abitudini, quali sono le tue e come è fatta la tua giorna tipo?
I miei giorni iniziano con un caffè americano e, in generale, sono tanto scanditi dal mio lavoro, e da tutte le persone che sono connesse ad esso, i clienti, gli amici, i colleghi. A volte si articolano nel mio studio, ed altre volte allo spazio aperto, sui muri. A volte negli spazi chiusi, in pareti indoor, o in studi “itineranti” e casuali.
Anche nei giorni in cui sono in viaggio disegno, quando sono in aereo o in treno: mi piacciono i luoghi non convenzionali in cui magari non “devo” produrre qualcosa ma dove semmai qualcosa può nascere in modo imprevedibile e totalmente libero, soprattutto sul piano delle idee. Quando posso cammino, vado alle mostre, a sentire dei concerti o a fare delle cose completamente diverse da quelle che faccio abitualmente.
Siamo curiosi, come è fatto il tuo spazio di lavoro? prediligi delle tecniche invece di altre?
Il mio luogo di lavoro “standard”, lo studio, si articola su due piani, io ne uso principalmente uno e l’altro lo usa principalmente il mio compagno, Alessio Errante.
Il primo piano ha un grosso tavolo in cristallo e marmo, che è un pò il teatro del mio mondo, il mio punto preferito in cui disegnare, sia a mano che al computer; c’è poi una piccola terrazza in cui possiamo lavorare con gli spray. In generale, utilizzo diverse tecniche e strumenti, a partire dai pennini, al digitale, agli acrilici per lavori su tela, agli spray e le tinte per i muri. Le diverse tecniche e i diversi strumenti sono anche connessi al tipo di supporto col quale mi trovo a lavorare, e sono tutti volti all’espressione del mio linguaggio e alla rappresentazione dei miei mondi.
Da dove prendi ispirazione per il tuo lavoro?
Le ispirazioni sono tante e passano dalla letteratura alla cinematografia, dalla fotografia alla moda, dal design alla musica, dalla natura al silenzio. Tutto ciò che è il mio background ha certamente influenzato il fluire della mia ricerca e delle mie produzioni, quindi è innegabile l’impatto delle mie esperienze personali, anche al di là delle “passioni” collaterali sopra citate. Ho anche osservato molto e inevitabilmente il lavoro di mia nonna, che produceva manufatti in modo meticoloso, come arazzi e bambole, interamente ideati e confezionati da lei, mio nonno invece scriveva poesie. In qualche modo anche tutto ciò avrà avuto un impatto, ma non ho pensato subito a questi collegamenti.
Ed ecco il nostro momento preferito, cosa hai preparato per Wood’d?
Una delle creature del mio vasto archivio “from another planet” incontra il mondo Wood’d, interagendo con questo nel modo più autentico: confesso, avendo lungamente ed appassionatamente seguito il vostro progetto sin dagli albori, non vedo proprio l’ora di vedere il risultato finale!
La Fille Bertha è un’artista dai grandi talenti, e guardate che cosa ha disegnato per noi!