Alberonero è il giovane artista Italiano che porta i pixel nella vita reale.
Buoni propositi per il nuovo anno: portare più divertimento, ispirazioni, arte e artisti a queste pagine virtuali che voi conoscete come Uncovered. Iniziamo quindi con un nome noto della art scene milanese, Luca Boffi, che forse avete già sentito col moniker di Alberonero. Lui è l’uomo dietro quei grandi murales fatti di colori semplici, di quadratoni puliti e incastrati alla perfezione in griglie di bellezza mozzafiato. I suoi lavori sono sparsi un po’ ovunque nel mondo, dalla Sicilia al Brasile. E non potremmo essere più felici di averlo con noi. Abbiamo parlato di creatività, abitudini, ispirazioni, e…no, non vi diciamo altro, se non “buona lettura”… Ciao!
Ciao Luca, racconteresti agli amici di Uncovered chi sei e come è nato il progetto Alberonero?
Alberonero è un progetto nato nel 2009 sulle Alpi trentine del Lagorai. A Lodi dipingevo già da qualche anno, di notte in solitudine facevo graffiti, stencil e poesie. Unendo il percorso in strada agli studi al Politecnico di Milano è nata una percezione dello spazio completamente nuova, differente. Rifiutando qualsiasi disegno su muro e utilizzando il quadrato come “non” forma, nel 2012 inizia il percorso di studio ed interazione del colore. Dal 2013 lavoro alla costruzione di architetture e installazioni nel paesaggio, tributi alla natura dalle caratteristiche brutali e soprannaturali. Amo la contemplazione, la ripetizione, l’invisibile e la spiritualità di ciò che l’occhio vede e non vede della vita quotidiana.
E parlando di vita quotidiana e abitudini, quali sono le tue?
Sveglia presto e subito al lavoro. Ritengo il mattino il momento migliore per mettermi a produrre, mi sento fresco ed ispirato. Necessito di spazi silenziosi e di intimità, il luogo che preferisco è la campagna. Al contrario, la mia vita è fatta da tempo di progetti in collaborazione, di molti amici e tanta condivisione.
Troviamo i tuoi lavori sui muri delle citta, in campagne sconfinate ma anche in galleria Come è fatto lo spazio di lavoro di un’artista itinerante come te?
Il mio spazio di lavoro attuale si trova nelle campagne del modenese, in Emilia, ed è una vecchia stalla dove precedentemente viveva un cavallo. In mezzo al nulla, in compagnia di gatti e natura, mi concentro al meglio con lo scopo di evolvere il mio progetto artistico verso la percezione di ciò che ci circonda.
Dove trovi ispirazione e cosa influenza maggiormente il tuo lavoro?
Sono laureato in Design degli Interni, i miei grandi riferimenti derivano dal mondo della progettazione industriale e dello spazio dove l’uomo abita. Mi interesso di colore, architettura e natura. La scuola del Bauhaus, Klee e Albers in primis, sono le mie più grandi ispirazioni in pittura. Altri da citare: Malevich, Rothko e Sol Lewitt. Traggo ispirazione da ciò che vedo tutti i giorni: le città, i palazzi ed i riflessi invisibili che esistono tra le architetture e le persone che le vivono. Mi ritaglio sempre momenti per stare nella natura, una delle mie più grandi passioni è camminare nei boschi e per le montagne, il nickname Alberonero deriva da questo.
Come hai sviluppato lo stile ben definito che ti contraddistingue? Hai avuto periodi blu o rosa che ti va di condividere?
Il blu per me è significato di infinito, tranquillità e pace. Difficilmente mi sento così, mi definisco una persona sempre in movimento, sia fisico che mentale. Cerco nel prossimo la tranquillità, forse anche nell’arte che esprimo voglio evidenziare questa ricerca. Il mio lavoro, soprattutto in pittura, è figlio di un’azione robotica, analizzando il numero di colori che riesco a riportare su un edificio. Lo sforzo fisico è notevole e porta chi lo conduce ad uno stato zen nei confronti di tutto il resto. Il blu, insieme al verde, è il colore che l’occhio vede in maggior quantità, è abituato a coglierne le sfumature, per questo risulta più semplice e piacevole in chi lo osserva. Il blu è la mia metafora del cielo, e spesso nei progetti architettonici realizzati nel paesaggio ho usato superfici riflettenti come specchi e ceramiche per riportare il cielo a terra, dove siamo noi con l’intenzione di avvicinarci ad esso, la sensazione è bellissima per chi la vive e percepisce.
Il rosa per me è significato di intimità, amore ed infanzia. Mi piace usarlo, esalta particolari giocosi e femminili essendo il colore più sexy. Prima di dipingere geometrie regolari ho fatto un periodo intenso e molto significativo a lavorare su forme infantili e ludiche come giocattoli, parchi giochi e gonfiabili. L’arte che realizzano e ciò che percepiscono i bambini è da sempre una delle colonne portanti del mio lavoro, una delle mie più grandi ispirazioni.
Vediamo nel tuo lavoro una enorme interazione tra generi. Uno studio del colore contemporaneo, spesso tipico del digitale, applicato al media più vecchio di tutti i tempi: l’architettura. Come descriveresti il tuo approccio a vecchio e nuovo?
Amo i contrasti e le emozioni che essi generano. Il pixel è il simbolo dell’era in cui viviamo, e quando iniziai a dipingere i quadrati sul muro non ricordo altra gente che lo facesse in maniera così rigida ed ossessiva. Era il pretesto per non rappresentare nulla, mi permetteva solo di mettere in sequenza due colori molto vicini tra loro ma in due spazi differenti ben delineati, volevo che la mia arte fosse comprensibile e intuibile a tutti, non ho mai pensato ad una decorazione. Ho sempre disegnato questi pixel mescolando i colori attraverso una sensazione personale definita da schemi matematici che creavo sul momento, cercando sempre una poesia, senza mai utilizzare colori già realizzati a livello industriale.
Da tempo ciò che mi soddisfa maggiormente è la costruzione: continuo a studiare ed indagare ciò che ci circonda e spesso ciò che giace nell’invisibile, e che ci emoziona. Ricerco la percezione del colore nei luoghi della natura, senza modificare ciò che esiste ma alterandone la forma, così da realizzare opere super-naturali e sensoriali. Da sempre utilizzo materiali poveri e familiari all’uomo per esaltare i contrasti rispetto al mio lavoro elegante e raffinato; mi piace il cemento, il ferro, le lamiere e i mattoni.
Last but not least: un consiglio per tutti i creativi là fuori?
Non sono bravo a dare i consigli, penso che la cosa migliore per ognuno sia studiare e analizzare quello che si sente intorno e tradurlo in una visione personale.