L’immaginario dei bambini degli anni Ottanta al potere.
Prendete un pò di nostalgia per gli oggetti del passato, l’ironia di una ragazza sveglia e aggiungeteci un sacco di disegni, sculture in carta e oggetti ricamati. Giuditta Aresi è un mix di tutto questo, e molto altro. Illustratrice e artista straight outta Bergamo, è la new entry delle Design Stories, la rubrica che porta sui vostri schermi il lavoro, le abitudini e le ispirazioni dei nostri artisti preferiti. Abbiamo incontrato Giuditta qualche giorno fa nella sua casa/studio, parlato di creatività e molto altro, e una collaborazione incredibile ne è venuta fuori. Curiosi?
Ciao Giuditta. Qualche parola su di te, chi sei e cosa fai?
Sono Giuditta Aresi, vengo dalla campagna della provincia bergamasca, e mi sono da poco trasferita qui in città, a Milano. Per ora dipingo, disegno, scolpisco, ricamo.
Quando hai cominciato ad avvicinarti al mondo dell’arte?
Abbastanza recentemente, direi da 4 o 5 anni.
Hai un immaginario atipico e curioso, l’abbiamo respirato appena entrati a casa tua. Ce ne parli?
Che bello, grazie! Mah, direi che probabilmente è tutto ancora in formazione, in continua evoluzione. Mi piacciono gli oggetti. Compro confezioni e cose solo perché mi piacciono esteticamente, e mi potrebbero servire come soggetti da rappresentare, o anche no (tipo una ruotina rossa, un -UNO!- rotolo di carta igienica), e che poi definisco “i miei modelli“…Oppure oggetti che non avevo da bambina, ma che oggi posso comprarmi (la penna Carioca, la pistola ad acqua, le Adidas originali e non pacco, e così via…). Forse possiamo semplicemente dire che si tratta dell’immaginario di noi bambini degli anni Ottanta/Novanta, quegli oggetti, quei colori, ripresi con ironia, nella scelta dei soggetti, nei giochi di parole. Spero di essermi spiegata, è la prima volta che ci ragiono seriamente, sì, ecco, penso sia così.
Come è fatta la tua giornata tipo? Cosa ti stimola e ti rende più creativa?
Mmm…una giornata tipo non ce l’ho, dipende sempre da quello che devo fare. Ecco, cerco di non avere una giornata tipo per non cadere nella monotonia. Quella è una maledetta, e ti blocca! A volte mi aiuta innaffiare le piante, altre volte vedere e parlare del lavoro degli altri, altre ancora la musica, oppure fare la spesa, ma mi rendo conto che dipende sempre da cosa si guarda e in che modo. Si entra in un supermercato tantissime volte, ma un giorno capita che butti l’occhio su una confezione di DAS o un detersivo particolare, e salta in mente l’idea!
Ci descrivi il tuo spazio di lavoro?
Avete visto la mia scrivania, ma praticamente non la uso mai per lavorare, ahah…La riempio di oggetti, libri, strumenti che mi piace vedere, ma generalmente il luogo dove lavoro cambia a seconda di cosa devo fare. Il tavolo in soggiorno, la parete della veranda (per appendere grandi fogli o tele), lo studio di amici.
Nei tuoi lavori vediamo illustrazione, scultura, ricamo. Ce ne parli? Hai delle tecniche preferite?
Direi di no, cambiare tecnica mi aiuta a non bloccarmi (vedi la monotonia di cui parlavo prima); poi mi piace il fatto che ogni lavoro possa trovare la sua espressione migliore attraverso tecnica e mezzo diversi. Mi considero ancora in fase di formazione, disposta a sperimentare, provare nuove tecniche. Non ho ancora trovato “la mia“, e spero di non trovarla mai, per avere sempre movimento nel mio percorso.
Ultimo ma non ultimo. Che cosa hai preparato per Wood’d?
Dei sacchetti educati!